F1 Academy: Un Vero Percorso per le Donne o Solo “Pink Washing”?
- alicejukes
- 30 ago
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La F1 Academy, serie junior tutta al femminile introdotta dalla Formula 1, è stata lanciata con l’obiettivo di aumentare la partecipazione e la visibilità delle donne nel motorsport. Tuttavia, il suo vero impatto e le sue intenzioni sono sotto osservazione. Le critiche della pilota di Formula 3 Sophia Floersch, che ha definito il progetto un’iniziativa di “pink-washing”, hanno aperto un dibattito importante. Anche Marta García, prima campionessa della F1 Academy, ha espresso dubbi sul suo futuro nelle monoposto, alimentando la discussione se la serie sia davvero un trampolino per le donne o solo uno strumento di marketing per la Formula 1.

Floersch ha sottolineato come l’Academy serva più la visibilità della Formula 1 che le reali esigenze delle pilote. Le sue parole hanno fatto eco alle osservazioni di García, che nonostante il titolo conquistato si è detta incerta sulle opportunità di crescita. «La visibilità aiuta la F1, ma non le pilote», ha twittato Floersch, criticando l’uso di vetture di livello Formula 4, considerate troppo limitanti per preparare adeguatamente le ragazze al salto in Formula 3 o 2.

Le monoposto di F4 rappresentano un buon punto di partenza, ma la mancanza di potenza e complessità rischia di lasciare le pilote impreparate al livello successivo. Al contrario, altre categorie junior offrono percorsi più diretti verso la F3, creando un vantaggio strutturale per i colleghi maschi.
Nonostante le critiche, la F1 Academy ha garantito alle donne un’esposizione preziosa in un contesto storicamente dominato dagli uomini. Le opportunità non mancano: alcune pilote dell’Academy, così come la stessa Floersch, hanno partecipato a un test esclusivo di Formula E, guadagnando esperienza e contatti nel paddock internazionale. Tuttavia, queste occasioni restano sporadiche se confrontate con i programmi di sviluppo più solidi che sostengono i piloti uomini.

Per colmare il divario tra intenzioni e impatto, sarebbe fondamentale introdurre monoposto più potenti, vicine alla F3, e creare connessioni dirette con team affermati di F3 e F2. Programmi di mentorship e strutture di allenamento dedicate garantirebbero un supporto simile a quello già disponibile ai colleghi maschi.
È evidente che la F1 Academy abbia fatto passi avanti nella rappresentanza femminile, ma restano dubbi sulla sua efficacia come percorso di sviluppo. La visibilità non basta: per evitare di essere bollata come “pink-washing”, la Formula 1 dovrà affrontare limiti strutturali e offrire un percorso credibile verso i massimi livelli.

In un settore dove le disparità di genere sono radicate, la nascita della F1 Academy ha sicuramente contribuito alla conversazione. Ma solo con cambiamenti concreti potrà trasformarsi da iniziativa simbolica a reale trampolino di lancio per le future campionesse.




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